La definizione del valore dell’arte, oggi, è sempre più destinata a rinunciare alla sua connotazione ideale, quella di un’entità auto- noma perché animata soltanto da un desiderio di espressione e di negazione, di critica e di comunicazione sul mondo, a favore di una concezione in stretto rapporto con l’economia. La connivenza con la mercificazione ha reso l’arte un feticcio da collezionare e da mostrare, tramutando il suo messaggio critico in un simbolo esaltativo del potere d’acquisto. Questa trasmutazione è avvenuta da quando l’estetica dei consumi è arrivata a coincidere con la Pop Art, stabilendo un’osmosi tra avanguardia e cultura di massa, da cui la conseguenza di una massa interessata all’avanguardia: un corto circuito che ha trasformato l’espressione artistica in merce. Esistono o sono esistite alternative?