Cosa resta dell'utopia


Gian Enrico RUSCONI_

venerdì 5 aprile, ore 18 Sala del Maggior Consiglio


Cosa resta dell'utopia? Apparentemente resta il lamento che non c'è più utopia. In realtà c'è un suo surrogato nella parola “sogno” o anche “visione”.
E' usatissima nel linguaggio comune ma anche presso grandi personalità - e non da oggi. I have a dream ripeteva Martin Luther King assassinato nell' ormai lontano 1968, anno che viene volentieri ricordato come una stagione di rinascita delle utopie - finite male. Ma persino papa Francesco oggi parla molto spesso positivamente di sogno («non togliete ai nostri ragazzi il sogno del loro futuro»). In realtà il passaggio dall'utopia al sogno segnala una sottile abbandono di una progettualità collettiva in qualche modo ragionata a qualcosa di legato fondamentalmente all'emozione, ai sentimenti individuali. E' una variante della post-verità, dei “fatti alternativi” di cui oggi si parla e straparla? Ma quello che davvero resta dell'utopia è in fondo il suo contrario: la “distopia”. Cioè la previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro altamente negativo. A questo punto non rimane che evocare gramscianamente il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà? Parliamone.

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