Adriano Olivetti, tra utopia ed eresia


Luciano VIOLANTE

domenica 7 aprile, ore 15 Sala del Maggior Consiglio


Adriano Olivetti fu un utopista concreto nel senso che Carlo Marx (absit iniuria...) dava alla parola utopia, quello delle "impossibilità relative e delle emancipazioni assolute".
Tutta la sua vita fu caratterizzata da concretezza. Aiuta la latitanza di Turati dopo la fuga dal carcere; nel 1946, immediatamente dopo la fine della guerra, crea la rivista Comunità, che diventa il principale strumento di dibattito culturale, politico e sociale. Come imprenditore, coltiva costantemente l'obbiettivo dell'equilibrio tra profitto e utilità sociale. L'efficienza della fabbrica sarebbe derivata dalla qualità della vita degli operai, ai quali erano garantiti salari più alti, asili vicino alla fabbrica, estetica dell'ambiente e dell'edilizia, biblioteche, possibilità di ascoltare concerti, eliminazione delle barriere tra ingegneri e operai. Per Olivetti il fondamento di una nuova più umana organizzazione sociale sarebbe stata la comunità, insieme di forze vive del territorio, dotata di autonomia economica. A differenza di molti utopisti, Olivetti fu un realizzatore, contro tutti gli isola del suo tempo. Perciò forse, fu più eretico che utopista.