La Rivoluzione francese

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Anna Maria RAO

giovedì 12 aprile, ore 9 Sala del Maggior Consiglio


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Da più di due secoli gli storici discutono sulle ragioni, sul significato e sugli esiti di quell'insieme di eventi conosciuti come "Rivoluzione francese". Si discute di quando sia iniziata, quando sia finita, se davvero sia mai finita, perfino se si debba scrivere con la maiuscola o con la minuscola.
Ma per quanto se ne discuta, non vi sono dubbi che si trattò di un periodo fondamentale per la "scoperta" o l'"invenzione" della politica moderna. E non solo in Francia, poiché la rivoluzione contribuì potentemente all'elaborazione di concezioni diverse della stessa identità europea. Fin dal 1787 ciò che accadeva in Francia fu seguito con attenzione dalla stampa, dalle corti europee, dagli uomini di cultura, dai funzionari, da una opinione pubblica sempre più ampia e avvertita. La presa della Bastiglia fu vista come un segnale di generale riscossa dell'umanità, simbolo della caduta della tirannia e di qualunque potere arbitrario. Per comprendere la portata universale degli eventi francesi basti pensare alle trasformazioni radicali del linguaggio realizzatesi in pochissimi anni: la nascita dell'espressione "Antico regime", il mutare dei termini e dei concetti di democrazia, fratellanza, libertà, rappresentanza politica, l'emergere di "destra" e "sinistra" come indicatori di orientamenti politici, il cambiamento di senso del termine stesso "rivoluzione". L'idea di "rivoluzione" continuò a esercitare la sua influenza per tutto l'Ottocento: sia come l'incubo di coloro che volevano difendere l'ordine fissato dalla Restaurazione, sia come progetto d'azione intenzionalmente perseguito per uscire da una condizione di dipendenza, dall'Europa all'America latina. La memoria del 1789 e del 1793 fu via via alimentata e rilanciata dai movimenti liberali, democratici, nazionali, socialisti e comunisti e dai loro oppositori.

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